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lunedì 17 aprile 2017

Cinecittà salva ROBERTO BENIGNI e gli studi di Papigno - Report Rai 3 (VIDEO)


Dopo "La vita è bella", Roberto Benigni decide di aprire a Terni, all'interno di una fabbrica abbandonata di proprietà del Comune, i suoi studi cinematografici.

L'esperimento però va male. La sua società di gestione dei teatri di posa umbri accumula perdite per oltre un milione e mezzo di euro e il regista premio Oscar rischia di rimettercene cinque. 






A salvarlo arriva da Roma Cinecittà Studios, l'impresa di proprietà di Luigi Abete, Aurelio De Laurentis e Diego Della Valle che nel 97 ha acquisito la gestione dei leggendari teatri di posa romani. Compra le quote dell'azienda di Benigni e si fa carico dei cinque milioni di euro, iscritti a bilancio come debiti verso controllanti. 
Tuttavia, nonostante l'arrivo di Cinecittà nella compagine societaria di Benigni le cose a Terni non vanno meglio. Dal 2005 a oggi i ricavi dell'azienda del premio Oscar dipendono infatti esclusivamente dal canone che la stessa Cinecittà studios ha versato ogni anno per l'utilizzo esclusivo degli studi cinematografici ternani, sebbene le riprese di film si siano interrotte da tempo. I teatri di posa di Terni, per i quali il Comune e la Comunità europea hanno investito milioni di euro in bonifiche e ristrutturazioni, sono oggi completamente abbandonati.

(di Giorgio Mottola)

venerdì 7 ottobre 2016

Ferdinando Imposimato, allarmi e falsità di Roberto Benigni




Cari amici, allarmi e falsità di Roberto Benigni sugli effetti del NO, sono smentiti dal Financial Times, il cui più autorevole giornalista Tony Barber scrive 
<< le riforme di Renzi sono un ponte costituzionale verso il nulla>>. 
I dati forniti dal premier sono falsi: la << lentezza nell'approvazione delle leggi >> è campata in aria: <<il Parlamento italiano approva più leggi, ( contro operai, insegnanti, disoccupati, risparmiatori, forze dell'ordine), di Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti>> E infine << una sconfitta di Renzi al referendum non destabilizza l'Italia>>, e che non si può <<anteporre la sopravvivenza di Renzi al bisogno di una sana democrazia in Italia>>. 
Non merita alcun credito ciò che dice Benigni. Si vergogni, restituisca i soldi guadagnati per parlare di Costituzione in TV . 
Votiamo compatti per il NO, difendiamo la Costituzione

(Ferdinando Imposimato)





martedì 23 agosto 2016

Roberto Benigni, la Costituzione più bella del Mondo (VIDEO)



Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea. Questa frase, persino più famosa di James Russell Lowell al quale è attribuita, quando si critica i politici non vale mai. Certo, Lor signori per conservare la poltrona ci hanno abituato alle più ardite piroette e molte scelte senza coerenza non sono segno della loro vivacità di pensiero ma la prova della nostra stupidità per averli votati. In politica, come in mille circostanze della vita, modificare alcune opinioni è però intelligente e spesso assolutamente necessario rispetto a condizioni generali che a loro volta cambiano. Per questo ai nostri politici, e prima ancora alle nostre coscienze, non chiediamo di tenere sempre posizioni rigide e non modificabili, ma valori – questi sì – mai sindacabili. Dalla confusione tra coerenza sulle scelte e coerenza sui valori è nata una polemica che intasa da giorni i social network e parte del dibattito politico. Bersaglio dello scandalo è Roberto Benigni, personaggio al quale una Destra sedicente liberale e meritocratica non perdona l’incoerenza di essere un artista di Sinistra, ma anche ricco e ben pagato per i suoi lavori.
Questa Destra, che proprio con il concetto di coerenza ha qualche problema da affrontare, scalpita perché Robertaccio ieri diceva No alla riforma della Costituzione e oggi invece ci ha ripensato e dice Sì, accontentando il monarca di turno Matteo Renzi e facendo pure cassa grazie alla Rai che ha ritrasmesso il suo spettacolo sulla Costituzione più bella del mondo. E dire che Benigni ha spiegato bene in un’intervista a Ezio Mauro che i valori della Carta, dei quali parla nel suo show, non c’entrano nulla con le modifiche della legge Boschi, che infatti non intacca minimamente quegli inalienabili principi fatti propri dai nostri Padri costituenti. Così la polemica va avanti tra fazioni predeterminate, che come pugili suonati si colpiscono senza capire di aver completamente sbagliato il loro ring. La vicenda infatti è più seria e complessa della presunta incoerenza di un attore o di un’intera parte politica sul destino della Costituzione.





NUOVO MONDO
Solo chi ha i prosciutti davanti agli occhi può ancora negare che la Carta senta addosso tutta la pesantezza dei suoi anni. Un tempo durante il quale sono avvenute trasformazioni epocali: dalla caduta del muro di Berlino alla nascita di Internet e alla globalizzazione. La nostra Costituzione era frutto di un accordo geopolitico e storico che oggi non ha più senso. L’Italia (con il delicato ruolo del Vaticano) restava dalla parte del Patto Atlantico (e non nel Patto di Varsavia, nonostante avesse il più numeroso partito comunista del mondo dopo Russia e Cina) in cambio dell’assoluta certezza che mai si sarebbe potuto ricostituire un regime come quello fascista. Per questo motivo la Costituzione si basò sul bicameralismo perfetto e potenziò la forza del Parlamento (dove la Sinistra controllava molte Commissioni) rispetto al potere del Governo. Ora tutto quel mondo non esiste più, così come i motivi per frenare un potere esecutivo che ha necessità di essere veloce ed efficace. Una situazione che in piccola parte, di fatto, si verifica da tempo con il regolare ricorso alla fiducia parlamentare, con cui si esautorano le Camere.
FALSI PROBLEMI
Sulla necessità di fare una riforma come quella Costituzionale, dunque, nessuno dovrebbe dubitare. Il problema vero – o se preferite, il ring dal quale i pugili si stanno tenendo distanti – è la combinazione tra la riforma Costituzionale pasticciata che ci viene proposta e la parallela riforma elettorale. Se infatti è assolutamente vero quello che sostiene il premier – e cioé che la Riforma Costituzionale non ne amplifica i poteri – respingendo la teoria dell’uomo solo al comando, la nuova Costituzione crea un effetto ben diverso se si somma alla riforma elettorale. Una tale accoppiata permetterà a un partito col 20% dei voti di avere il premier, una maggioranza schiacciante in Parlamento, nominare indisturbatamente i componenti della Corte costituzionale, del Csm, i manager pubblici e via dicendo, senza una seconda Camera di compensazione. Calando il progetto generale nella situazione attuale, di fatto si consegnano al signor Renzi Matteo da Firenze le chiavi di Palazzo Chigi per almeno un decennio. Questa è dunque la partita vera, dietro la quale un Centrodestra ormai disfatto non sa opporre resistenza (e molti suoi esponenti stanno trattando per un paracadute offerto da Verdini o uno strapuntino nel futuro Partito della Nazione). Allo stesso modo, nella Sinistra e nel Pd si stanno regolando tutti i conti, con gli ultimi stracci che voleranno al congresso dem dopo il referendum di ottobre. Appuntamento al quale arriveremo con una Costituzione cambiata ma purtroppo non con una Costituzione migliore.
di Gaetano Pedullà

giovedì 18 settembre 2014

Lettera di Vito Petrocelli (M5S) a Roberto Benigni



L'appartenenza al sistema ha tante facce… di molte te l'aspetti, è come se geneticamente, quasi lombrosianamente, lo hai sempre saputo. Quale appartenenza può infatti suscitare uno con i tratti di guance, zigomi e sopraccigli che si raccolgono nella faccia di Gasparri o in quella di Sacconi o, peggio ancora, ammesso che esista un peggio, di Giovanardi, se non quella dell'appartenenza più becera e volgare al sistema di clientelismo in Italia?
Poi ti compare in tivù, a ingrassare l’audience dei talk show del Sistema, la faccia di Benigni, giullare (nell'accezione positiva del termine) e cantore dei vizi e delle virtù degli italiani, profondo conoscitore di Dante, della Divina Commedia e grande difensore della Costituzione. E quasi non ci vuoi credere perché non te l'aspetti, perché Benigni ha la faccia di un italiano intelligente, spiritoso, informato e apparentemente smarcato da interessi di bottega: ha la faccia di uno indipendente quanto irriverente nei suoi lazzi e frizzi mandati a destra e a manca.
Qualche tempo fa è comparso (e ho fatto fatica a crederci) in una disinformazione sulla storia dell'Unità d'Italia, raccontata in stile e verità dei vincitori e pensi che magari è un errore, una svista. Una leggerezza!
Poi, noti che ha lavorato sempre con la società di Berlusconi, la Medusa, e pensi, ma si, forse è l'unica società in questo Paese di corporazione di conflitti di interessi e anche i grandi si devono arrendere, anche se in cuor tuo sai bene che uno come lui può anche lavorare con società di distribuzione di mezzo mondo, senza necessariamente stringere accordi commerciali con il Signore dei conflitti di interessi.
Ma poi te lo trovi all’improvviso anche nei talk show ambigui della nostra televisione di regime, vera maestra a pagamento della disinformazione e della distrazione di massa. Lui che i talk show li beffeggiava, come beffeggiava Berlusconi, è ora ridotto, come un giullare qualsiasi, a mezzo servizio, a sbarcare il lunario per portare ascoltatori a Ballarò di Giannini anziché a Piazza Pulita di Formigli. E in un sol colpo, siamo passati dal Benigni travolgente comunicatore di passioni italiche e difensore strenuo della “più bella Costituzione” mai scritta al mondo, al Crozza di turno. Ma se dal bravo Crozza ci si aspetta un sorriso, un’allegria, da uno che ha la storia e la faccia di un Benigni, ti aspetti che sia sempre oltre i luoghi comuni, oltre i comuni bisogni del vivacchiare, oltre gli schemi opportunistici in cui cadiamo in molti.
Lombroso alla fine fine non aveva ragione e mi dispiace che la relatività scientifica delle sue teorie venga dalla bella e irriverente faccia di Benigni, sceso anch’egli in campo a fianco di quelli che la (sua intoccabile) Costituzione gliela stanno stravolgendo. Ma forse, anche quella sua lezione magistrale era solo una pagina di spettacolo ben pagata e niente di più."
(Vito Petrocelli, capogruppo M5S Senato)